Gaza: mission accomplished?
Chi ha vinto e chi ha perso a Gaza
Da: Il Derviscio
Barak Obama puó tirare un sospiro di sollievo: quando fará il suo ingresso ufficiale alla Casa Bianca avrá da affrontare i temi di un cessate il fuoco e non piú quelli di una guerra che ha suscitato orrore e disapprovazione in tutte le capitali del mondo. Ehud Olmert ha dichiarato trionfante che tutti gli obiettivi della Israel Defense Forces a Gaza sono stati raggiunti. Hamas è stata presa di sorpresa e pesantemente colpita, il governo ha preso decisioni responsabili e sagge, l‘azione delle IDF sul fronte a sud della patria è stata eccellente. Il solito misto di mezze verità, affermazioni senza sostanza e vergognose bugie.
La verità è che nessuno degli obiettivi ufficiali è stato raggiunto. Hamas è stata sí colpita, ma per niente sconfitta. Non nel numero e non nella qualitá. Ci sono state sicuramente perdite fra i suoi militanti e un paio di quadri intermedi, probabilmente fra le trecento e le quattrocento vittime, su un totale di circa 80.000 militanti di cui 6.000 membri della cosiddetta Unitá Esecutiva di Ismail Hanyieh, un numero imprecisato di militanti dell‘unità studentesca Ayyash e uno „zoccolo duro“ di circa tremila militanti. I leader delle varie correnti si trovano al sicuro fuori dalla striscia di Gaza. L‘attacco israeliano ha semmai rafforzato l‘immagine di Hamas quale rappresentante dei palestinesi di Gaza. Non a caso nelle moltissime manifestazioni contro l‘aggressione israeliana, sono spuntate in tutte le capitali mondiali immagini del defunto Sheick Yassin, fondatore di Hamas. Di Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e di OLP nessuno a Gaza vuole piú sentire parlare e sará del resto improbabile che questi voglia accettare un qualsiasi mandato internazionale per amministrare la striscia. Mahmoud Abbas è stato invitato alla conferenza di Sharm el Sheikh, ma probabilmente non sará presente personalmente per non doversi accollare il pesante fardello di rappresentare la parte dei palestinesi alla quale è maggiormente inviso. Almeno quindici razzi Kassam sono stati sparati nelle ore successive al cessate il fuoco e, tranne per le foto per i media mondiali, Israele si guarda bene dal ritirare le proprie truppe. Da questo punto di vista quindi la missione non è per niente compiuta.
Raggiunti sono invece una serie di obiettivi strategici di vitale importanza.
Per primo quello della conferenza di pace alla quale non parteciperà Hamas. Il trucco del cessate il fuoco unilaterale ha funzionato. Al tavolo con USA, Egitto, Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia, Spagna, Turchia, Giordania e, forse, un rappresentante di secondo piano dell‘OLP, Israele potrá presentarsi come volenteroso ricercatore di soluzioni politiche mentre Hamas continua a lanciare razzi sul territorio israeliano. Tzipi Livni, il Ministro degli esteri e candidata al posto di Primo Ministro alle prossime elezioni, ha giá firmato accordi con la sua collega americana Condoleezza Rice e Germania, Gran Bretagna, Italia hanno giá bombardato (!) Israele con offerte di pattugliamento delle coste per mezzo delle proprie marine militari e di controllo dei confini con l‘Egitto per fermare il contrabbando di armi destinate ai militanti di Hamas. In questo senso anche l‘Egitto sará costretto a dare garanzie maggiori di quanto non è avvenuto finora. In poche parole, il fianco sud di Israele sará controllato e garantito da truppe straniere, come giá avviene per il fianco a nord grazie al dispiegamento di truppe UNIFIL dopo la guerra del Libano del 2006.
Il governo Olmert-Barak-Livni ha cosí sfruttato al massimo l‘occasione per cancellare l‘immagine negativa creatasi all‘indomani del disastro militare del 2006 e puó presentare all‘elettorato israeliano una facciata completamente nuova di un governo capace di reagire alle minacce esterne e di un‘IDF efficiente e determinata. Le carte migliori per vincere le elezioni. O avete in questi giorni sentito ancora parlare di Benjamin (Bibi) Netanyahu, capo dell‘opposizione?
La domanda ora è: quanto è costata questa campagna elettorale con „altri mezzi“?
Non so quanto sia costata in Sheqel o in dollari.
A Gaza è costata oltre 1.200 morti, uno ogni mille abitanti;
oltre cinquemila feriti, uno ogni 300 abitanti;
oltre 100.000 senza tetto, uno ogni quindici abitanti;
scuole, ospedali, uffici pubblici e privati, piccole e medie officine, strade e infrastrutture distrutte o rese inagibili;
un‘intera popolazione terrorizzata e traumatizzata per generazioni.
Anziché „piombo fuso“, l‘intera operazione andrebbe chiamata „cervello fuso“, nelle teste di chi di questa tragedia è responsabile, da una parte e dall‘altra.