Georgia, Saakashvili e le pipeline.

Documenti della CIA, visionati personalmente, spiegano perché il Rigoletto di turno ha scatenato una guerra che fa solo bene al nemico che voleva battere.

 

Nel marzo del 1999, un’esercitazione chiamata “Geneva Game ‘99” che faceva parte del piú vasto “US Naval War College International Game Series” e condotta presso il “Geneva Center for Security Policy”, alla quale hanno partecipato cinquanta ufficiali di medio livello, diplomatici e personale civile di 25 Paesi della NATO/ Partnership for Peace (PFP) e la Bosnia e L’Erzegovina, ha simulato un contesto politico-militare nel quale un “grave disastro umanitario” nella Georgia rendeva necessario “l’invio di soccorsi umanitari in un periodo di cambio di governo e instabilitá politica” (Documento CIA-OTI* IR 99-10031, novembre 1999.)

 

Il fatto non deve meravigliare. La regione del Caspio è sotto l’occhio di tutti gli esperti di intelligence da quando, dopo la fine dell’Unione Sovietica, è destinata a diventare una delle “maggiori risorse di petrolio per il mercato mondiale” (Documento CIA-OTI* IR 98-211, 23 ottobre 1998). Lo stesso documento stima che gli investimenti delle multinazionali nella regione fino al 2015 saranno di 10 miliardi di dollari l’anno. Le incertezze degli estensori del documento riguardano (riguardavano) la possibilitá che un prezzo del greggio troppo basso avrebbe scoraggiato gli investimenti. Notoriamente, l’impennata dello stesso, ha riversato nelle casse delle societá coinvolte miliardi di plusvalore. L’altro punto dolente restava la capacitá di poter esportare il greggio estratto verso i mercati delle nazioni interessate all’acquisto. A questo proposito gli esperti della CIA scrivono nel loro rapporto che, fatta salva la stabilità politica della regione, sará necessaria la costruzione di una, massimo due, pipeline atte allo scopo, anche se, scrivono sempre gli esperti, probabilmente non ci sará abbastanza petrolio da usufruire al pieno delle capacitá di trasporto. Non importa, continua il documento, “se la pipeline incoraggiata dagli USA (Baku-Tblisi-Cehylan, N.d.A.) non dovessero raggiungere lo scopo di andare pari passo con la produzione del greggio, gli iraniani e i russi sarebbero nella posizione di poter assolvere questo compito nel medio e nel lungo termine”. La cosa non deve essere piaciuta né agli USA né all’Unione Europea, che dopo un lungo lavoro di diplomazia si è impegnata fortemente a sottoscrivere il cosiddetto “EU/Georgia Action Plan”. Per questo, a metá luglio, 1200 militari americani e 800 militari georgiani hanno partecipato ad una manovra militare chiamata “Immediate Response”. Per questo Israele tiene in Georgia 1000 “consiglieri militari”. Saakashvili si deve essere sentito forte e per questo, nei primi giorni di guerra, si è fatto intervistare nel suo ufficio con alle spalle la bandiera della Georgia, dell’Unione Europea (di cui non fa parte) e della NATO (di cui non è membro). La sua mossa è forse stata dettata dalla disperazione. Dal 29 maggio 2008, infatti, la capitale dell’Ossezia del sud, Zchivali, è collegata al gasdotto della Gazprom che con una lunghezza di 163 chilometri, la collega la cittá russa di Dzuarikau. Il significato politico ed economico di questa novitá è immenso: se prima l’Ossezia del sud pagava per il gas dalla Georgia 300 $ ogni 1000 m³, con la nuova pipeline paga, per la stessa quantitá, 40 $ alla Russia. Ovvio che questa abbia mandato i carri armati quando il Rigoletto Saakashvili ha lanciato i razzi su Zchivali. L’appello disperato del burattino georgico ai suoi padroni europei e americani di intervento nel conflitto è rimasto inascoltato. Questo potrebbe avere due possibili spiegazioni:

1) Saakashvili ha creduto erroneamente di agire in nome dei suoi padroni sicuro della loro protezione;

2) i padroni di Saakashvili hanno sacrificato il pedone bianco per studiare la reazione del Re Nero.

Non sono fantasie campate in aria. Nei documenti della CIA giá citati e da me visionati personalmente grazie al Freedom of Information Act, gli esperti dell’agenzia con la collaborazione di Enders Wimbush, Assistent Director, Hicks and Associates, SAIC; Richard Aemitage, President, Armitage and Associates; Rozanne Ridgways, Chair, Baltic-American Enterprise Fund.; Thomas Crumm, Chief, Scenario Developement and Application Group, General Motor; Fred Starr, Chair, Central Asian Institute, Johns Hopkins University; Geoffrey Kemp, Director, Regional Strategic Programs, Nixon Center for Peace and Freedom, hanno stilato otto possibili scenari di crisi nella regione caucasica. La questione di base è sempre la stessa. Le pipeline russe (Blue Stream) e iraniane giá funzionanti (costruite fra l’altro con la cooperazione Gazprom-ENI), fanno concorrenza alla cosiddetta Trans Caspian Pipeline (TCP), alla Baku-Tblisi-Cehyan (BTC) e alla cosiddetta “Nabucco Pipeline”, toccando cosí le compagnie petrolifere guidate dai colossi americani nel nervo vivo delle rendite e la politica d’oltre oceano nelle questioni di strategie geografiche. Si tratta quindi di poter influenzare le politiche dei governi locali in modo che, contro ogni buonsenso economico e finanziario, questi alla fine facciano scelte tali da favorire gli interessi statunitensi tirandosi praticamente la zappa sui piedi. Cosí come ha fatto il Rigoletto di turno Saakashvili scatenando una guerra che ha colpito, come sempre, in maniera drammatica la popolazione civile, vittima ancora una volta dei giochi di guerra di quattro farabutti assassini.

Ora si comincerá a discutere dell’invio di “soccorsi umanitari” (le prove le hanno giá fatte nel 1999) per poter inviare nella regione ancora piú militari, piú esperti e piú crediti finanziari che ridurranno definitivamente in schiavitú i Rigoletti allochi della regione. Alla popolazione civile resteranno solo lacrime per piangere e morti da seppellire.

 

* CIA-OTI = Central Intelligence Agency – Office of International Issues

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