Maroni e Little Rock.

Anche il nome degli stupidi trova posto nella Storia, ma saranno gli umili ad ereditare la terra.

 Dopo che la Corte Suprema nel 1954 aveva dichiarato incostituzionale la segregazione razziale nelle scuole, a Little Rock (Arkansas), nove ragazzi di colore si iscrissero alla “Little Rock Central High”, scuola che fino ad allora era riservata a soli bianchi. Il Governatore dell’Arkansas, Orval Faubus, fece schierare la Guardia Nazionale per impedirne l’accesso. Il nove settembre il “Council of Church Women” condannò la decisione del Governatore e organizzò per il 12 settembre una preghiera cittadina. Anche il Presidente degli Stati Uniti, Dwight Eisenhower, invitó il Governatore a non interferire con la decisione della Corte Suprema. La Guardia Nazionale fu “federalizzata“ e sottoposta agli ordini del Presidente che la fece ritirare. La polizia intervenne a garantire l’accesso alla scuola dei nove studenti ma la situazione rimase infuocata. Centinaia di cittadini bianchi protestarono violentemente contro il provvedimento e la calma ritornò solo quando Eisenhower inviò il 101st Airborne Division e una Task Force della 153rd Infantry, Task Force che restó a Little Rock fino alla fine dell’anno scolastico.

Se, anche a fatica, la storia va avanti, c’è chi ostinatamente vorrebbe farla tornare indietro. Anche nella Germania nazista tutto era iniziato in maniera banale. Si cominció col diffondere idee sulla razza sostenute da teorie pseudo-scientifiche, si proseguì con la schedatura dei cittadini tedeschi di origine ebrea, col boicottarne e sequestrarne i negozi e via via fino alla notte dei cristalli, l’incendio delle sinagoghe, la deportazione e l’omicidio organizzato industrialmente nei campi di concentramento. Forse è questo il disegno che i razzisti della Lega Nord e del Governo Berlusconi si sono posti come obiettivo. Altrimenti non si spiega l’accanimento contro gli immigrati che, secondo questi signori (si fa per dire), dovrebbero lavorare e tacere e, casomai volessero aprire bocca, solo quando si tratta di ringraziare il buana-buono per non frustarli piú di una volta al giorno. Forse è per questo che, contro ogni buon senso e contro le direttive europee, ci si ostina a voler introdurre il reato di clandestinitá, come se la fame fosse un crimine. Per questo si è passati alla schedatura di nomadi regolarmente registrati all’anagrafe come cittadini italiani e al rilievo delle impronte digitali di immigrati e Rom, ignorando anche qui le direttive europee e snobbando i fondi comunitari per programmi integrativi. Non c’è niente da fare. All’ignoranza e all’incompetenza si rimedia con il dispiegamento della forza.

Paracadutisti e marines schierati nelle strade e nelle piazze che non servono ad evitare le stragi di camorra e di mafia dovrebbero rassicurarci contro il pericolo inesistente di chi non è in possesso di regolare permesso di soggiorno. Mi ricorda l’immagine del doganiere che brutalizza l’hippie trovato in possesso dello spinello, mentre sul piazzale transita il T.I.R. con due tonnellate di eroina nascoste fra le conserve di pomodoro. Potremmo divagare sui motivi e sulle convenienze politiche di tali provvedimenti, disquisire su strategie nazionali e intercontinentali che consistono nel diffondere immagini di altre culture che, secondo il nostro Presidente del Consiglio, sono inferiori alla nostra. Siamo sicuramente in grado di farlo e lo abbiamo giá fatto in varie occasioni. Qui voglio solo sottolineare che i protagonisti negativi di tutta la vicenda sono solo degli stupidi e dei meschini impotenti ed incapaci di risolvere alcunché. Una commedia dialettale nota negli anni settanta aveva per titolo: “Chi vúsa pûsé, la vàca l’è sua” (a chi grida di piú appartiene la mucca). Ecco tutta la filosofia e la strategia politica che sta dietro le azioni di questi meschini. Urlare, pestare pugni sul tavolo, schierare i paracadutisti e, a chi si oppone, mostrare con italico ardore, tutta la potenza di questo Stato che, come a Genova, sa come trattare i renitenti. Programma e idee: zero, se non continuare ad arricchire il Capo, la sua corte e le sue cortigiane. Il loro nome resterà nella Storia, come lo è rimasto quello del Governatore dell’Arkansas Faubus, ad esempio e monito per le generazioni future, ma, a Little Rock, oggi c’è un monumento dedicato ai nove ragazzi che sfidarono l’ignoranza, il pregiudizio e l’ottusità.

 

 

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