Devo confessare che in fatto di film sono piuttosto conservatore.
Nella lista dei miei preferiti la parte del leone la fanno molti classici di Hollywood dove quando ormai la casa o la diligenza brucia, le armi sono scariche, i proiettili finiti e le donne piangono con i bimbi stretti attorno, sottofondo si sente lo squillo di una tromba e da una nuvola di polvere spunta uno squadrone di cavalleria alla carica con le sciabole sguainate che, ventre a terra, disperde i cattivi nella prateria dopo averne eliminato un gran numero.
Sono stato anche un profondo ammiratore del maresciallo dei carabinieri nella lunga serie dei pane amore e … La figura un po‘ maldestra dell‘eterno don Giovanni indaffarato a risolvere problemi amorosi suoi e dei suoi sottoposti immersi in un paesaggio di un‘Italia paesana, saggia e sincera mi hanno lasciato un‘idea romantica della divisa che anche nella vita vera ha trovato i suoi riscontri positivi. Mi ricordo bene di aver visto il „mio“ maresciallo piangere quando il teppistello di quartiere finí in ospedale colpito da una coltellata che sfiorò il cuore di pochi millimetri. Mi ricordo bene dell‘appuntato svegliato tardi una domenica sera infilarsi i pantaloni, salire sulla „seicento militare“ e mettersi in strada per rilevare i dati di un incidente stradale che, fortunatamente, causò solo danni alle lamiere dei mezzi coinvolti. Nonostante gli anni caldi della contestazione e la vista quasi abituale di folte schiere di celerini con casco e scudo (il termine „in tenuta anti-sommossa“ fu coniato piú tardi), il rapporto immaginario con le forze dell‘ordine è sempre stato dominato dal poliziotto padre di famiglia o tutt‘al piú goffo innamorato di ragazze paesane come nella figura di Michele Placido in „Romanzo popolare“.
Un episodio nerissimo della giá traballante democrazia italiana. L‘assalto di una banda di picchiatori alla ricerca della vendetta per l‘onore ferito dalla protesta pacifica di migliaia di giovani e adulti appartenenti a tutti gli schieramenti dello spettro politico e sociale. La rabbia per aver visto sfilare non solo gli habitué delle manifestazioni, ma anche larghe fasce della popolazione cattolica, del volontariato e di istituzioni al di sopra di ogni sospetto. Ecco, gli sciagurati operatori occulti volevano forse colpire lí, al corteo del pomeriggio e, vigliaccamente, nell‘oscurità delle aule della Diaz a giornata finita. Il piano, nemmeno molto originale, è sempre lo stesso: la paura. Incutere paura a chi, forse per la prima volta, era andato a marciare per testimoniare la propria contrarietà ai piani della globalizzazione che inghiotte tutto, valori, punti di riferimento, credenze da sacrificare sull‘altare pagano degli affari e della finanza mondiale ormai lanciata senza briglie nella corsa a divorare con l‘arma del massimo profitto ogni rimasuglio di dignitá umana. È Moloch che divora gli appartenenti alla religione estranea, Bal che sputa fuoco e uccide chi si ribella alla sua volontà e al suo potere che vuole mantenere assoluto. Poveri ragazzi! Non solo quelli pestati alla Diaz e torturati a Bolzaneto o ad Abu Ghraib e rinchiusi a Guantanamo. Poveri ragazzi anche quelli in divisa che hanno pestato come forsennati, che hanno minacciato e torturato, che hanno riso alla vista di volti insanguinati e terrorizzati. Poveri ragazzi perché sedotti dai manovratori occulti, servi di Mammone, che hanno fatto di loro strumenti senza volontà da caricare a molla e muovere sulla scacchiera della partita della nostra vita sociale. E poveri anche i giudici che sull‘altare di Mammone, Bal e Moloch hanno sacrificato la Veritá in cambio della promessa che Mefistofele non potrá mantere.
Er carosello caricato a molla
gira e sòna facenno vede…
n‘teatrino…e ogni pupazzetto s‘attiva…
a comanno mettennose a fà la parte
che je compete…chi chiamannose
Compagno chi Fratello chi ner
Camerino facenno orecchio da bburino e
buttannnola n‘caciara…e guardanno
artrove… sventola bandiera
trombetta e stella …
e tutta alegra stà compagnia…
buffa pe l‘area sfila…