Somalia: petrolio, pirati, pattuglie

Da: Il Derviscio, frammenti di una Veritá sconosciuta.

Vi ricordate Colin Powell all‘ONU mentre mostra la fialetta di antrace „irakena“ per giustificare l‘invasione americana? O l'“infermiera“ di Kuweit City che di fronte alla seduta plenaria raccontó piangendo la brutalitá dei soldati irakeni che toglievano i neonati dalle incubatrici per scaraventarli a terra? E le foto satellitari delle fabbriche irakene di armi di distruzione di massa?

Tutto inventato..

Colin Powell si é scusato nel 2005 per aver mentito e si dichiara pentito. L'“infermiera“ era la figlia dell‘ambasciatore del Kuwait a Washington, e la sua falsa testimonianza era stata architettata e redatta, per il centro Rendon Group, da Michael K. Deaver, ex consigliere del presidente Reagan in materia di comunicazione. Le armi di distruzione di massa, nonostante le molte foto satellitari, non sono mai state trovate.

La conoscenza postuma delle bugie ha cambiato nella sostanza l‘atteggiamento della politica internazionale nei confronti di questa e di altre guerre?

Sostanzialmente no.

Nonostante il ritiro delle truppe di alcuni dei paesi alleati, l‘opinione che la guerra in Irak é stata una guerra contro la minaccia terroristisca di al qaida/ el kaida/ al quaquaraqua e la risposta agli attentati terroristici dell‘11 settembre, é ancora radicata, non solo nella politica, ma anche nell‘immaginario della popolazione planetaria, a riprova che la tecnica hollywoodiana del „datemi delle immagini e vi inventeró una guerra“ (Ted Turner, CNN-AOL-Time Warner ex Warner Brothers, …) purtroppo funziona.

Cambiamo pagina e scomodiamo Napoleone Buonaparte, il quale avrebbe detto: „Se vuoi capire la politica di un paese, guarda la carta geografica“.

Questo accanto é lo Stretto di Hormuz. Meno di quaranta chilometri di mare fra l‘Iran e gli Emirati Arabi. Uno stretto passaggio attraverso il quale sono costrette le petroliere di mezzo mondo che vanno a rifornirsi del petrolio irakeno, kuweity, saudita e iraniano. Se il piano iraniano  di trasportare a Schatt al Arab, la penisola contesa nella lunga guerra con l‘Irak, attraverso le proprie pipeline il petrolio caucasico, la eccezionalitá di questo passaggio si moltiplicherebbe di molto. Con poche batterie di artiglieria o di missili terra-mare e le navi militari della base di Bandar Abbas (cerca con google-maps!), l‘Iran sarebbe in grado di chiudere a tempo indefinito lo stretto.

É veramente nell‘interesse dell‘Iran un piano del genere?

Solo a prima vista. In realtá lo stretto di Hormuz é vitale per la sua economia. Infatti di qui non passano solo le petroliere che vanno a caricare il petrolio iraniano ed eventualmente caucasico, ma, non avendo l‘Iran raffinerie per soddisfare la domanda interna di benzina, il rifornimento della stessa attraverso lo stretto é di importanza vitale.

Allora a chi giova? Cui prodest?

Vediamo un po‘. La pipeline iraniana che dal Caspio porta il greggio a Schatt al Arab é una spina nel fianco delle sorelle americane, britanniche e olandesi. Il documento CIA-OTI* IR 98-211, 23 ottobre 1998 stima che gli investimenti delle multinazionali nella regione fino al 2015 saranno di 10 miliardi di dollari l’anno.  A questo proposito gli esperti della CIA scrivono nel loro rapporto che, fatta salva la stabilità politica della regione, sará necessaria la costruzione di una, massimo due, pipeline atte allo scopo, anche se, scrivono sempre gli esperti, probabilmente non ci sará abbastanza petrolio da usufruire al pieno delle capacitá di trasporto. Non importa, continua il documento, “se la pipeline incoraggiata dagli USA (Baku-Tblisi-Cehylan, N.d.A.) non dovessero raggiungere lo scopo di andare pari passo con la produzione del greggio, gli iraniani e i russi sarebbero nella posizione di poter assolvere questo compito nel medio e nel lungo termine”.Allora, chi potrebbe avere interesse a fare pressione sull‘Iran portando una flotta internazionale a poche ore di navigazione dallo stretto?

Ormai davanti alla Somalia ci sono le marine di mezzo mondo, compresa la marina cinese  indiana e giapponese. Come da copione, giungono giornalmente le notizie di imbarcazioni pirate affondate dalla marina indiana (ma erano pescatori tailandesi) o „colpi“ sventati dalla marina tedesca che con un elicottero „circonda“ i pirati, li disarma, distrugge le armi e li rilascia (!).

Beh, se abbiamo creduto a tutto il resto, crederemo anche alla favola dei pirati „somali“ e della necessitá di combatterli, a poche miglia marine dallo stretto di Hormuz e dall‘imbocco del Mar Rosso, con uno spiegamento di navi che é secondo per numero, ma non per potenza di fuoco, solo alla flotta alleata dello sbarco in Normandia. Il tutto mentre l‘Iran piazza le sue batterie anti-aeree in Eritrea. Sará la paura dei pirati?

Adesso possiamo tornare a pensare che il mondo é perfettamente in ordine e che se i cattivi assaliranno la diligenza, c‘é pronto il settimo cavalleria a toglierci dai guai.

Aggiungeremo cosí al grido: „terroristi, terroristi, terroristi“ e a quello di „al qaida/elkaida/ al quaquaraqua“ anche quello di „pirati, pirati, pirati“, contenti di vedere la nostra meglio gioventú partire per difenderci da questa ulteriore minaccia fra il golfo di Aden e l‘oceano indiano.

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