Geert Wilders e Mc Donalds
Da: Il Derviscio
Cos‘hanno in comune Coca Cola, Pepsi Cola, Red Bull, Palmolive, Nestlé, Johnson & Johnson, Loreal e Mc Donalds?
Tutti hanno cominciato a produrre beni di consumo che si lasciano certificare come Halal dalle apposite commissioni. Halal, cioè compatibili con la legge Coranica che vieta il consumo di alcool, carne di maiale e che prevede la macellazione con la fuoriuscita del sangue dell‘animale. Non è l‘unico esempio di pragmatismo in un mondo dove le barriere culturali non sono piú necessariamente motivo di conflitto.
Da anni sono ormai presenti nelle borse di tutto il mondo cosiddetti fondi di investimento islamici, fondi che evitano di investire nell‘industria dell‘alcool, nella pornografia, nelle azioni altamente speculative, nei derivati finanziari (una delle cause dell‘attuale crisi) e che non permettono le cosiddette vendite a vuoto.
Stanno crescendo di numero anche gli alberghi che rispettano i dettami della sharia in alcuni dei luoghi turistici piú rinomati. Insomma, sulla cresta della globalizzazione, oltre all‘anatra Shangai, stiamo imparando ad apprezzare anche alcuni dei fondamenti della religione e della societá mussulmana. Vicino al tabaccaio apre un bistrò nordafricano che taglia il kebab, la nostra vicina di casa porta l‘hijiab, dietro la zona industriale apre una moschea. Qual è il problema? I nostri figli a scuola avranno per compagno di giochi Piero, Chan e Ahmed. Qual è il problema?
Il problema sono i predicatori dell‘odio che spargono il seme della violenza e della discriminazione alimentando la paura del diverso, spesso col solo scopo di racimolare qualche centinaio di voti. È il caso dei Maroni che vogliono essere cattivi con gli immigrati irregolari (ma buoni coi grandi evasori fiscali), dei Borghezio, cacciato a calci nel fondo schiena dalla popolazione di Colonia dove era andato a predicare il suo squilibrio mentale, delle Pivetti che „bisognerebbe ributtarli tutti in mare“.
È il caso anche del bamboccione Geert Wilder, sbarcato a Heatrow con la pretesa di presentare il suo film islamofobo al parlamento britannico e giustamente rispedito a casa in malo modo.
Vergognoso l‘articolo di Pierluigi Battista che, senza rinunciare alla menzogna quando dice che il film Submission di Theo Van Gogh non lo ha potuto vedere nessuno, sul Corriere si lancia in una difesa accorata della libertá di espressione che spetta anche al deputato olandese Wilder quando reclama „il diritto di diffondere le proprie idee, anche se detestabili“.
Secondo questo ragionamento dovremmo garantire la stessa libertá ai negazionisti, ai nazi-fascisti, ai terroristi di alQaida/elKeida e a Toto Riina.
Censurato in patria e allontanato dalla Gran Bretagna, Wilders potrebbe però essere accolto dall‘Italia, paradossalmente lo stesso giorno in cui a Roma farà visita il premier britannico Gordon Brown, il 19 febbraio. Ad invitarlo è stato il presidente del circolo della Libertà di Imola Armando Manocchia. Al parlamentare olandese, Manocchia vuole assegnare il premio Oriana Fallaci, e chiedere alla Camera l‘autorizzazione per proiettare il film in sala stampa. “
Nossignori! La civiltá è una, ricca di differenze culturali, sociali e religiose e nessuno puó arrogarsi il diritto di affermare la superioritá di una civiltá rispetto ad un‘altra, di una razza rispetto ad un‘altra, di una religione rispetto ad un‘altra.
Chi vuole spendere le proprie energie per seminare la divisione, l‘odio razziale e lo scontro delle culture, significa che non è maturo per la civiltá, patrimonio di tutta l‘umanitá. Che torni a scuola ad imparare l‘ABC del vivere civile.