Da: Il Derviscio
Che essere curioso é l‘Uomo!
A leggere articoli, saggi e trattati degli ultimi anni, sembra che il problema piú grosso dell‘uomo sia quello di dimostrare la non esistenza di Dio. Di Dio, diceva una pubblicitá poi ritirata, non abbiamo bisogno. Siamo dotati di una ragione che da sola ci permette di affrontare i problemi di ogni giorno.
Grazie alla ragione, al raziocinio e alle scienze esatte, l‘uomo costruisce ponti arditi, aerei che si levano nell‘aria trasportando centinaia di tonnellate di merce, apparati in grado di aiutarci a diagnosticare e curare malattie che solo fino a pochi anni fa erano considerate punizioni di Dio e quindi inguaribili. Anche per risolvere i problemi dell‘anima, pardon, della nostra psiche, la ragione l‘osservazione empirica e la documentazione acribica del comportamento ci permettono lo studio e la cura di malattie della mente fino a ieri incomprensibili. Dio e la Religione? Favole per tenere buoni i bambini, oppio dei popoli.
Che strano essere è l‘uomo! Dio e la Religione niente altro che favole per tenere buoni i bambini, come la leggenda di Babbo Natale. Eppure una delle domande all‘indomani della tragedia dell‘Abruzzo è stata: „Dov‘era Dio la notte fra il cinque e il sei aprile?“. Che senso avrebbe questa domanda se Dio non esiste, se è solo una leggenda per tenere buoni i bambini?
Non è nemmeno una domanda nuova né originale. L‘avevamo giá sentita all‘indomani della tragedia di San Giuliano di Puglia dove morirono 27 bambini ed una maestra, l‘avevamo sentita all‘indomani dell‘undici settembre, quasi che Dio, come un impiegato statale addetto ai controlli, abbia mancato al suo compito.
E allora prendiamola sul serio questa domanda. Cosa è successo a L‘Aquila perché trecento persone circa trovassero la morte sepolti da montagne di macerie?
Proviamo ad usare la ragione di cui siamo tanto orgogliosi.
L‘esperienza empirica, l‘osservazione razionale, macchine sempre piú sofisticate, ci hanno dato la certezza che l‘Italia si trova su una di quelle falde dove si incontrano le placche tettoniche di Africa ed Eurasia. Per questo da anni il Legislatore ha provveduto a promuovere una serie di iniziative vincolanti per gli amministratori dei nostri paesi, atte a minimizzare i rischi e le conseguenze di tali avvenimenti. Architetti e ingegneri hanno ragionevolmente tradotto tali direttive in progetti concreti da applicare a strutture vecchie e nuove. Imprese costruttrici si sono messe al lavoro per realizzare le opere. È qui che la ragione comincia a vacillare, perché la ragione del Legislatore, quella dell‘architetto, quella dell‘ingegnere e quella del costruttore hanno punti di riferimento ed obiettivi diversi. Non si tratta di vedere complotti oscuri manovrati da forze occulte, ma piuttosto riconoscere le peculiaritá tutte umane di un percorso di questo tipo.
Dunque, il legislatore avrá sentito gli esperti e avrá fatto il possibile perché tutti gli aspetti del problema fossero in qualche modo contenuti nella legge che ha preparato. L‘architetto avrá cercato di tradurre al meglio le parole del legislatore in linee e cifre che l‘ingegnere avrá soppesato e sistematizzato con calcoli complessi in percentuali di acciaio e cemento. Non ho dubbi che ciascuno, nel suo ruolo, abbia fatto del suo meglio perché in una situazione di emergenza il pericolo dei crolli potesse essere minimizzato. Arriviamo cosí al costruttore che si trova a fare i conti con una realtá diversa. Il suo problema è ottenere l‘appalto battendo una concorrenza vasta e agguerrita. È la legge del libero mercato. Ora, cosa avrá detto a questo punto la ragione del costruttore? Qualcuno avrá pensato forse di poter battere la concorrenza assumendo a prezzi stracciati braccianti non qualificati da impiegare in lavori dove invece è necessaria una conoscenza professionale. Altri avranno corrotto un tecnico comunale perché chiudesse un occhio quando un coefficiente non corrispondeva ai parametri voluti dalla statica. Qualcuno avrá usato sabbia di mare per risparmiare sui costi. Ecco l‘uomo e la sua ragione. Perché dare la colpa a Dio che ci ha permesso un‘evoluzione tecnica ormai capace di risolvere problemi anche piú complessi, come costruire ponti arditi, far volare aerei con tonnellate di merce a bordo e costruire macchine incredibili per diagnosticare e guarire malattie complesse? Dio lo abbiamo messo fuori dalla porta perché non turbasse la nostra coscienza mentre mandavamo camion e ruspe e scavare vicino alla spiaggia. Non nascondiamoci dietro ad un dito. La ditta appaltatrice s.p.a. non è la sola responsabile e colpevole. Nessuno è assolto. Perché Dio lo abbiamo messo fuori dalla porta a partire dalle fondamenta della societá dell‘uomo. Dio viene lasciato fuori dalla porta quando consorzi di banche e di privati stampano i soldi che presteranno agli „Stati sovrani“ ad usura. Dio viene lasciato fuori dalla porta quando banche, assicurazioni, istituti finanziari si prestano in una catena ininterrotta soldi fra loro per gonfiare dati e bilanci che altrimenti non sarebbero sufficienti a contrarre debiti e concedere crediti di entitá enorme. Dio viene lasciato fuori dalla porta quando ogni mezzo viene ritenuto lecito al fine del successo politico, finanziario o sociale di individui o di societá. Dio deve restare fuori dalla porta quando gli strumenti della comunicazione di massa diventano monopolio dei mezzani di cortigiane e meretrici. Dio viene lasciato fuori dalla porta quando la mercede che vogliamo pagare all‘operaio non è né giusta né equa. Dio viene messo alla porta quando vogliamo mettere il sigillo della liceità ad azioni e comportamenti contrari alla natura stessa. Dio viene messo fuori dalla porta quando il nostro benessere personale è la ragione della rovina altrui. Dio deve restare fuori dalla porta per assolvere l‘assioma di uno Stato che deve essere al di sopra delle parti (?) e quindi laico, laico, laico! Dio non si deve intromettere nei nostri affari che si devono basare su criteri materiali, palpabili, matematici. Come gli affari del costruttore de L‘Aquila, quello che ha mescolato sabbia di mare al cemento per far tornare i conti. E allora che senso ha la domanda di partenza?
Dio dov‘era la notte fra il cinque e il sei aprile?
Dio era fuori dalla porta, dove lo abbiamo messo noi perché non turbi le nostre coscienze.