Erdogan superstar

Criticare Israele non é piú antisemitismo 

Da: Il Derviscio

Tutto é cominciato quando il film “La valle dei lupi”, una specie di Rambo al contrario, cioè dove gli americani sono cattivi e l’eroe è musulmano, basato su una storia vera, è uscito nelle sale cinematografiche europee. Le proteste, specie in Germania dove folti gruppi di cittadini di origine turca hanno riempito le sale cinematografiche, non hanno tardato a farsi sentire e c’è perfino chi ha posto la questione della doppia lealtá. Il Frankfuhrter Allgemeine Zeitung del 16 febbraio 2006 lo descrive come: „  … un film antiamericano, anticristiano, nazionalista turco e pro musulmano … chiamarlo film, visto le miserabili qualitá cinematografiche, sarebbe enormemente esagerato“.  

Al film è seguita una serie televisiva di successo che in Turchia fa milioni di ascolti. Ció pare abbia disturbato i sonni della politica israeliana. In realtá, qualche frizione fra Stato di Israele e Turchia c’era giá stata in precedenza.

Erdogan aveva criticato, voce di uno che grida nel deserto, in maniera inequivocabile l’operazione “Piombo fuso” israeliana. watch?v=qHZusFgq3QU&feature=related All’incontro di Davos, Erdogan lasció indignato la tribuna dopo aver duramente polemizzato con Simon Peres e, al suo ritorno in Turchia, commentando il fatto che Peres aveva avuto la possibilitá di parlare 25 minuti a favore della guerra di Gaza mentre a lui erano stati dati 12 minuti per la replica, disse di fronte ad una folla osannante che lui non era un capo tribú, ma il Primo Ministro della Nazione turca.

Poche settimane piú tardi la Turchia decide unilateralmente di escludere da una manovra NATO ai confini con l’Iran Siria e l’Irak, l’aviazione israeliana. “Com’ è possibile che voli nei nostri cieli chi ha bombardato Gaza?” era la domanda d’un giornale turco. La Turchia s’ è unita alla richiesta libica di discutere il rapporto Goldstone, quello sui crimini di guerra nella Striscia, al prossimo Consiglio di sicurezza dell’Onu. L’ultimo schiaffo quando i turchi hanno azzerato una commessa israeliana e scelto di comprare altrove, dall’Italia, un nuovo tipo di satellite spia.

Qualche giorno fa la vendetta. Il sottosegretario agli esteri israeliano Danny Ayalon convoca l’ambasciatore turco Oguz Celikol per protestare contro la serie televisiva “La valle dei lupi”. L’ambasciatore viene fatto aspettare in corridoio circondato dai fotografi e, una volta entrato a colloquio col sottosegretario, questi si rifiuta di stringergli la mano, lo fa sedere su un sofà e sul tavolino la sola bandiera israeliana. Secondo le regole della diplomazia un vero affronto. Non solo, Ayalon aveva avvertito i giornalisti di cosa stava preparando e, dopo l’incontro si è vantato del trattamento riservato al diplomatico turco. Ayalon aveva peró fatto conti senza Abdullah Gul e Recep Erdogan, i quali non si sono affatto lasciati intimidire e hanno minacciato il ritiro dell’ambasciatore se le autoritá israeliane non avessero immediatamente presentato le loro scuse, cosa che è avvenuta dopo un primo tentativo di tergiversare.

Erdogan ha quindi rincarato la dose, avvertendo pubblicamente il Libano di un possibile attacco israeliano e ponendo ai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU la questione dell’atomica israeliana. “Israele non ha mai negato di possedere armi nucleari, ha detto Erdogan, di fatto lo ha ammesso”. Erdogan ha anche ricordato che mentre l’Iran ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare (NPT), Israele, assieme ad India e Pakistan, ha finora rifiutato.

Finora non gli sono state fatte accuse di antisemitismo, com’era stato invece fatto nel passato. La carta del bavaglio ormai non funziona piú e Israele ha imparato che imbavagliare Erdogan con la solita litania dell’antisemitismo si è rivelata un’arma a doppio taglio. Erdogan di fatto, non solo è stato accolto come un eroe in patria dopo l’episodio di Davos, ma ha ricevuto in questi giorni il “Premio internazionale Re Faisal” indetto dal 1976 dalla casa regnante saudita e considerato il Premio Nobel del mondo arabo-islamico. Lo riferisce l’agenzia turca Anadolu in un reportage da Gedda. Il premier turco è stato scelto «per i servigi resi all’Islam».

È arrivato il momento di una svolta? Il momento in cui la propaganda dell’odio e dell’arroganza comincia ad essere spuntata e i suoi promotori vengono costretti a sedere allo stesso tavolo coi paria? Il momento in cui il dialogo, anche se per ora a denti stretti, prende il sopravvento sul diktat dei popoli dei prediletti?

C’è da augurarselo.

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